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Foggia: vent'anni fa moriva Giovanni Panunzio. Cosa è cambiato?

Tano Grasso: "Necessaria una associazione antiracket"

“I tempi sono ormai maturi. Bisogna trovare lo slancio per mettersi in rete e attivare anche a Foggia una associazione antiracket. Bisogna seguire l’esempio di Vieste, bisogna seguire l’esempio del comune di Portici, nel Napoletano, dove un mese fa è nata un’associazione antiracket che porta proprio il nome di Giovanni Panunzio”.

Queste le parole di Tano Grasso, presidente onorario della Federazione delle associazioni antiracket e antiusura italiane che questa mattina ha coordinato un convegno promosso e organizzato da Libera, dall’ateneo dauno, Rete della conoscenza e Link Foggia per ricordare la figura di Giovanni Panunzio. Sono passati esattamente vent’anni da quando l’imprenditore foggiano è stato ucciso, crivellato di colpi di arma da fuoco in via Napoli, alle 22.40 del 6 novembre 1992, proprio mentre in comune si discuteva del nuovo piano regolatore generale. “Questi omicidi avvenivano nella solitudine nella quale erano lasciati gli imprenditori che hanno il coraggio di denunciare. Oggi dobbiamo segnare l'avvio di un processo virtuoso, che deve portare alla nascita di una associazione antiracket anche a Foggia, affinché gli imprenditori non si sentano più soli e non dovranno più temere questa solitudine, ma sentire forte la presenza delle istituzioni e dello Stato”.

UNO, NESSUNO, CENTOMILA. Panunzio il muratore, Panunzio l’imprenditore, Panunzio il ribelle. In questi vent’anni sono stati tanti i modi con i quali l’imprenditore di 51anni è stato etichettato. Di certo, la definizione più toccante è stata data questa mattina da Don Luigi Ciotti che ha affidato le sue parole ad una lettera indirizzata al figlio di Giovanni, Michele Panunzio. “Un uomo giusto – così lo ha definito – che ha capito che non ci può essere un io, se non in relazione con un noi”, con una comunità da difendere. Ed è solo in quest’ottica che quel sacrificio, questo lutto che la città di Foggia non può e non vuole elaborare, può trovare oggi un senso. A scaldare l’aula magna del Dipartimento di Giurisprudenza dell’ateneo dauno, tanti giovani e giovanissimi: sono gli studenti dell'Unifg e di alcuni istituti scolastici cittadini. A loro tocca raccogliere un testimone importante: mantenere viva la memoria di questi vent’anni di storia foggiana e lottare per la legalità. “La paura si può sconfiggere solo con la forza della parola”, ha spiegato in apertura il rettore dell’Università di Foggia, Giuliano Volpe il cui concetto è stato ripreso e rilanciato poco dopo da Pasquale Drago, procuratore aggiunto della Repubblica di Bari. “Dobbiamo sapere che oggi siamo costantemente in guerra. Siamo chiamati in prima linea nella guerra della legalità contro la criminalità. Una guerra che non si combatte con pistole e mortaretti, ma con il coraggio della parola”.
IL PESO DELLA MEMORIA. A raccontare ai più giovani chi fosse Giovanni Panunzio è stato un filmato, curato dalla giornalista Michela Magnifico, che ha ripercorso con le immagini le vicende giudiziarie di questi ultimi due decenni. Immagini proiettate in una sala composta e attenta, fino a sciogliersi nel caloroso applauso che ha accompagnato il lungo e sincero abbraccio tra Michele Panunzio e Daniela Marcone, coordinatrice di Libera Foggia e figlia di Francesco, il direttore dell’Ufficio del registro ucciso, a Foggia, il 31 marzo del 1995. Tutti e due hanno condiviso la stessa rabbia e lo stesso dolore; tutti e due hanno avuto la forza di trasformare quella perdita in un ricordo attivo, in una voglia di riscatto e di cambiamento per la città. La memoria deve essere accompagnata dall'impegno quotidiano – ha spiegato Michele Panunzio – ognuno, nel suo piccolo, può e deve contribuire al fiorire della legalità”.
VENT’ANNI, TRA MANCANZE E CAMBIAMENTI. Quello di oggi, non è stato solo un incontro celebrativo, di memoria fine a se stesso. Il convegno poneva un interrogativo ben preciso, sia agli intervenuti che ai relatori. 1992-2012: cosa è cambiato? Di certo, oggi c’è una maggiore consapevolezza e sensibilità sul tema. Le sentenze della Cassazione hanno posto il sigillo della storia e squarciato il velo del silenzio sulla realtà della mafia nel Foggiano. Una realtà grave, pericolosa, che continua a mietere le sue vittime, a privare loro della dignità e della libertà. C’è poi lo slancio propositivo dei giovani che non intendono rendere vano il sacrificio di tanti uomini come Panunzio e Marcone. Ad oggi, ci sono più “strumenti” per combattere le mafie, come le Direzioni Distrettuali Antimafia - nate proprio nel 1992 - e i sequestri di beni che, sottraendo i liquidi alle consorterie criminali, sottraggono loro la “linfa” degli illeciti. E proprio mentre nell’aula magna del Dipartimento di Giurisprudenza si ricordava Panunzio, in questura gli inquirenti della DDA barese illustravano gli esiti del blitz “Caronte”, una importante operazione antiusura che ha portato all’arresto di 5 persone nel Foggiano. Purtroppo non erano presenti all’incontro le associazioni di categoria e delle imprese edili, la cui assenza è stata rimarcata da Daniela Marcone. “Ci chiediamo cosa è cambiato in questi anni – ha spiegato Marcone - Sarebbe stato bello se fossero stati qui a dirci che la realtà è cambiata, che queste piovre che attanagliano le gru sono state sconfitte, non ci sono più. E’ importante spiegare, dare delle risposte”. “Ma se questo non avviene – ha concluso riferendosi alla platea degli studenti – bisogna trovare il coraggio di chiedere”.

di Redazione 


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